Articoli su Giovanni Papini

1937


Alberto Viviani

Papini e il cinema

Pubblicato in: La Lettura: rivista mensile del Corriere della Sera, anno XXXVII, fasc. 1, pp. 62-65.
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Data: 1 gennaio 1937



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   Quando nella primavera scorsa Giovanni Papini mi disse di aver scritto una Santa Caterina per il cinematografo, non ci credetti subito perchè non riuscivo a capire come a un tratto egli fosse giunto a concepire l'arte attraverso l'occhio di ciclope di una macchina da presa. Confesso che di questa sua decisione me ne rammaricai, e glielo dissi. Mi sovvenne inoltre di aver assistito con lui, nel 1913, alla proiezione di un film che in quell'anno faceva furore: Ma l'amor mio non muore, con la Lyda Borelli; e le risate che facemmo nel piccolo cinematografo fiorentino son difficilmente credibili. Le mosse e gli atteggiamenti della diva (oggi la chiamerebbero vamp a buon diritto, e discuterebbero anche sulla potenza del suo sex-appeal) che tanto fascino esercitavano sulla folla ammirata e commossa riuscivano invece a far ridere Papini come si fosse trattato del famoso Bagonghi. Uscimmo a metà spettacolo — me ne ricordo bene - perché la gente con manifesti segni fece intendere di non gradire affatto quella specie di profanazione.
   Son passati da allora ventitrè anni: pochi e dimolti nello stesso tempo. Le Lyde Borelli si sono moltiplicate come la gramigna, il cinematografo ha fatto progressi come la fotografia, il grammofono e l'automobile. La mentalità cinematografica, probabilmente, è ancora da rifare nonostante qualcuno sia giunto a dire che il moderno regista (l'ex-direttore di scena) annulli oggi con la sua sapienza ed esperienza la personalità del soggettista. Comunque è poco credibile. Mi son voluto persuadere, perciò, se l'apriorismo borioso potrebbe reggere nei confronti di Papini; ed egli in un'assolutamente amichevole eccezione ha permesso che leggessi il copione della sua Santa Caterina. Parlarne non posso perchè questo è il patto; ma è bene si sappia che regista, attrici e attori dovranno semplicemente eseguire ciò che Papini ha scritto; ed e naturale quindi che la loro personalità nei riguardi dell'iniziativa dovrà rimanere in sottordine.
   Il film è stato concepito con una rara sapienza cinematografica che può in effetti stupire. V'è persino, in principio, una serie di avvertimenti tecnici ed estetici i quali spianeranno di molto la strada a quanti saranno preposti alla attuazione; e di singolare importanza è la trama già definitiva in ogni sua parte e non contenuta nelle solite paginette schematiche


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Naturalmente m'è apparso subito interessante, dopo la lettura, chiedere a Papini molte notizie; e ho approfittato della vecchia amicizia che mi lega a lui per dedicare uno dei nostri frequenti colloqui a questa sua novissima fatica. Le mie domande hanno ottenuto, come ognun vedrà, risposte esaurienti, definitive, importanti sotto qualsiasi riguardo. Indirettamente anche molte questioni cinematografiche - sia che interessino il pubblico sia i tecnici — vi sono risolte in modo chiaro e geniale.
   — Mi dica Papini, — gli chiedo — qual'è il suo pensiero su Santa Caterina vista attraverso il copione cinematografico, la finzione del teatro di posa e l'attrice che la impersonerà?
   — Chiunque si accinge a scrivere la storia di un eroe della fede o del pensiero o dell'azione, — mi risponde Papini — deve rassegnarsi alle necessarie deformazioni, perchè è impossibile, anche per uno scrittore dì genio, riprodurre integralmente, nella loro autentica realtà, ogni tratto dell'anima e della vita d'una creatura fuor dell'ordinario e che conosciamo soltanto attraverso documenti sempre incompleti e che si prestano a interpretazioni discordanti e a dubbi legittimi. Scrivere un soggetto per il cinematografo impone le stesse penose limitazioni, ma non già perchè si tratti di fare opera che deve essere realizzata sullo schermo. Santa Caterina l'ho veduta all'incirca come l'avrei veduta se avessi voluto comporre su di lei un vero e proprio libro e non ho dimenticato e trascurato nulla di ciò che forma la sua fondamentale essenza e la natura particolare del suo spirito e del suo destino. Naturalmente sono stato molto più sobrio di notizie e di commenti che se avessi steso una biografia destinata alla lettura e sovrattutto ho dato risalto a quegli episodi più agevolmente adatti ad esser compresi dagli occhi e non soltanto dall'intuizione e dalla riflessione. Ma di questi episodi, diciamo così, visibili e spettacolari, ce ne sono nella vita della Senese in abbondanza senza bisogno di ricorrere a invenzioni e fantasie. L'attrice che impersonerà Caterina non sarà certo una Santa, ma d'altra parte sarebbe assurdo chiedere ai protagonisti delle azioni sceniche o cinematografiche di possedere le qualità e le virtù o i vizi dei personaggi che rappresentano e una donna dì umili natali è ben capace di recitare degnamente la parte dell'imperatrice. La santità è,


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indubbiamente, più difficile a esprimersi colla sola arte, ma io spero sempre che sì potrà trovare in Italia una giovane degna di comprendere, di sentire e di amare l'altezza spirituale della vergine di Fontebranda.
   (L'ultima parte della risposta è importantissima per ragioni facilmente intuibili. C'è il malvezzo in Italia — purtroppo — di servirsi d'attrici straniere proprio e specialmente quando si tratta di dar vita a tipi prettamnte e tradizionalmente italiani. E' ancora fresco il tempo in cui una attrice austriaca impersonò una storica giovane napoletana.)
   — E come è giunto dopo tante opere definitive a formarsi una concezione cinematografica dell'arte?
   — Non posso dire di essere arrivato a formarmi una concezione cinematografica dell'arte essendo questo il mio primo tentativo di collaborare alla creazione di un film. Ma non sono affatto scontento di questa nuova esperienza e ritengo che a nessuno scrittore dovrebbe sembrare inutile o pericolosa. Per coloro che sono abituati da troppo tempo a concepire tutto sotto l'aspetto cerebrale e grafico, il rivolgere di tanto in tanto le loro attività al cinematografo gioverebbe grandemente per renderli più consapevoli dello sviluppo concreto delle vite umane, dell'importanza decisiva dell'azione esteriore anche in certe vicende spirituali e per far loro sentire forme di esistenza in più diretto contatto coll'anima popolare.
   — Benissimo. Ciò è molto giusto e molto vero. Ma quale utilità crede possano avere tali rievocazioni storiche, rispetto all'arte e alla fede?
   — Ho già detto quale potrebbe essere l'utilità per gli artisti. Quanto alla fede non la reputo minore. Non fosse altro i film di argomento cristiano prenderebbero il posto di altrettanti film di argomento frivolo, ridicolo o immorale. L'Apologetica moderna deve pure servirsi dì quelle moderne invenzioni che troppo spesso sono usate per il male. Non credo che un film su Santa Caterina possa sostituire minimamente la lettura delle sue Lettere e del suo Dialogo, ma può forse attirare qualche anima a quelle letture e perciò accrescere quella conoscenza e quella ammirazione per la santità che è, a parer mio, uno dei principali stimoli alle conversioni.
   — Per quali ragioni, dovendo scrivere per il cinematografo, ha scelto la Grande Santa di Siena?
   - Ho scelto la figura dì Caterina perché m'è parso che più di ogni altra santa italiana abbia avuto una vita non puramente contemplativa e segreta, ma tale da potersi tradurre in azione drammatica anche per il fatto ch'essa fu mescolata a importanti avvenimenti politici, si trovò in contatto e in contrasto con papi e con principi, fu esposta all'ira popolare e trascorse gli ultimi anni del suo pellegrinaggio sulla terra in una delle epoche più fortunose e tumultuose del '300.
   (A questo punto del colloquio mi sovviene che Papini lavora da anni a una Vita di Michelangiolo.)
   - Non ha mai pensato — gli chiedo allora --a Michelangiolo realizzato cinematograficamente?
   - Come lei sa, da molti anni vado preparando una nuova Vita di Michelangiolo che non sarà affatto una vita romanzata o poetica, ma una vera e propria biografia fondata su ricerche minute e in parte nuove, specie per quello che riguarda gli amici e i contemporanei del titano di Caprese. E talvolta ho pensato che si potrebbe trarre un bellissimo film dalle vicende dello scalpellatore dei Prigioni. Ma in questo momento altre opere da lungo tempo cominciate mi preme finire e mi deciderei a scrivere un nuovo soggetto soltanto dopo averle compiute.
   — Ma di Santa Caterina ha composto una visione della vita oppure ha Pubblicato in: essa i fatti più importanti? E quali? E con quali criteri?
   - Sì può dire che il mio soggetto rappresenta una vita completa della Santa nel suo doppio aspetto interiore e esteriore, apostolico e politico, mistico e pratico.


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Naturalmente, come ho già detto, ho trascelto i fatti, e fra questi vanno comprese le visioni, dove lo spirituale è tradotto o è traducibile in azioni evidenti e direttamente apprensibili. Era il mio dovere come soggettista, ma nondimeno non ho trascurato neppure di far comprendere quale fosse la sorgente interna e soprannaturale della visibile grandezza della Santa.
   — Naturalmente il film sarà sonoro e parlato: ma Santa Caterina avrà una parte preponderante nel dialogo o saranno altri elementi a farla emergere nel grande quadro?
   — Confesso che per Santa Caterina preferirei un ritorno al cinematografo muto perchè ogni parola, sia pur tolta dalle lettere stesse della Santa, potrebbe turbare quell'incantato raccoglimento e quell'atmosfera di sacra rappresentazione che ho sognato per questa opera. D'altra parte sarà difficile che si possa rinunziare del tutto alla parola, che è necessaria talvolta per chiarire certe situazioni fondamentali e anche per manifestare più efficacemente la profonda passione della protagonista, ma spero che non ci saranno dialoghi più dello stretto necessario perchè un siffatto «mistero» tra l'umano e il divino, è meglio raccomandato alla sapiente sensitività del regista e alla potenza di espressione dell'attrice. Penso, se mai, a commenti musicali che potrebbero esser tolti dalle musiche medioevali recentemente scoperte, oppure composte da qualche nostro musicista di spirito religioso quali ad esempio Perosi o Pizzetti.
   — E la visione è rigorosamente storica oppure vi concorre anche la fantasia?
   — Ho seguito rigorosamente la storia, cioè quella tradizionale e universalmente accettata, quale risulta dalla Vita di Raimondo da Capua, dalle lettere della Santa e dei suoi discepoli e da altri documenti del tempo. Lei saprà che alcuni anni or sono uno studioso straniero, il Fawtìer, sottopose le fonti biografiche cateriniane a una critica severissima e talmente esagerata che egli stesso, negli ultimi tempi, ha dovuto annacquare l'aceto delle sue negazioni. Molti studiosi italiani del resto avevano già confutato, in base a nuovi testi e argomenti, molte parti della sua demolizione. In soli due punti del mio racconto sono stato indotto a scostarmi dalla precisione storica: nell'episodio dove si assiste all'incontro di Caterina col famoso condottiero inglese Giovanni Acuto e nell'episodio dei tumulti romani contro Papa Urbano VI. Ma tutti e due questi episodi hanno il loro fondamento nella verità storica: è vero, infatti, che Caterina si rivolse al feroce inglese per indurlo a lasciare l'Italia e a rivolgere le armi contro ì Saracini di Terrasanta, ed è vero che ci furono gravi disordini a Roma contro il pontefice in seguito al grande scisma. Io ho immaginato che Caterina, invece di rivolgersi con una sua lettera all'Acuto, si recasse al campo del condottiero, che era vicino a Pisa, dov'ella dimorava in quel tempo, e ho supposto che la Santa si trovasse negli ultimi tempi della sua vita in mezzo ad una moltitudine di malintenzionati e che riuscisse colle sue parole di fuoco a disperderli. Sono, come si vede, leggeri colpi di pollice alla verità storica e non vere fantasie ex-novo, aggiunte per capriccio o per sfoggio. In tutto il resto seguo fedelmente, sia nell'ordine cronologico che nella identità dei personaggi e nello svolgimento delle scene, la verità storica quale è oggi possibile conoscere attraverso le testimonianze dei contemporanei e gli scritti autentici della Senese.
   — Molto bene, Papini, tutto ciò che lei ha detto. Io credo fermamente che anche queste sue parole possano essere di molta utilità per chi si accinge a dar vita, nel teatro di posa, alla sua vicenda. Comunque il compito del regista appare tutt'altro che lieve. Se sarà un italiano intelligente, potrà finalmente dare all'Italia un grande film storico — forse il primo — e insieme un'opera d'arte. Ma occorrerà davvero sapienza.
E Papini è della stessa opinione.


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